Friday, January 12, 2007

Contaminazione non implica per forza prestito


Su Cafebabel si parla di anglicismi. Un altro caso di ignoranza linguistica su una peraltro buona testata giornalistica web.

Il succo dell'articolo dice: l'inglese è contaminato di tedesco e francese almeno quanto contamina queste e altre lingue, quindi è più facile per gli inglesi imparare le altre lingue e viceversa per gli altri imparare l'inglese. Questo processo di contaminazionescambioevoluzione è inarrestabile, tanto vale lasciar perdere ogni pretesa puristica perché velleitaria.

I dati sono giusti, l'analisi è sbagliata. Intanto, l'entrata di parole tedesche e francesi nell'inglese è databile in periodi storici ben precisi, entrambi passati da un bel pezzo, dove il tedesco e il francese rispettivamente erano lingua tetto, Dachsprache, dell'inglese. In parole molto semplici, erano le lingue dei forti, e gli inglesi cercavano di adattarsi. Oggi avviene esattamente il contrario: tutte le lingue pagano un tributo all'inglese, prendono a prestito termini inglesi perché si vergognano di forgiare coni che rispettino il senso invece della forma. Infatti il paradosso è proprio quello denunciato dal giornalista: si creano una caterva di falsi amici o meglio falsi parenti, dove la forma della parola è simile ma il significato (che è l'uso è assai diverso). È questo il motivo principale per cui l'europanto di Marani è e rimane solo un ludus linguisticus, un divertissement, un gioco, non una lingua vera e propria.


Questa contaminazione attraverso prestiti affatica l'apprendimento invece di semplificarlo. Pensate per esempio alla parola italiana file. È chiaramente un termine del dominio di conoscenza informatico. In inglese invece è molto più vasto: I may file my content in a file of documents, posso archiviare contenuti in un faldone di documenti, per esempio.

Cosa succede nella mente?

Quando un apprendente italiano cerca una parola inglese corrispondente a "faldone" difficilmente va a pensare a "file" perché nella sua griglia semantica è connotato come termine esclusivamente informatico. Deve dunque etichettare

it(file) not(en(file))

cioè "la parola file italiana non è la parola file inglese, è una parola italiana travestita da inglese". Un riflesso condizionato in più da imparare. Devo decolonizzare la mente: togliere la maschera inglese alla brutta parola italiana "file" perché di italiano e non di inglese si tratta, per poi finalmente apprendere la parola veramente inglese.

È vero che le contaminazioni sono inevitabili; non è vero che per forza debbano essere brutti prestiti. È sempre possibile fare un conio, una parola morfologicamente fluida nella lingua che prende a prestito il significato della lingua tetto, in questo periodo storico l'inglese.

Avremmo potuto dire "elettera" anziché "email", mantenere "elaboratore" o "calcolatore" anziché "computer", "archivio" anziché "file".

Certo, se poi i parlanti nativi si mettono a ridere, come facciamo spesso noi italiani, la partita vuol dire che è già persa.

Digressione: i nostri cugini spagnoli non ridono nel dire "ratón" anziché "mouse", e difatti lo spagnolo è molto più sano dell'italiano, al punto tale che lo stato Usa dell'Arizona ha dichiato ufficialmente l'inglese lingua ufficiale perché hanno paura dello spagnolo, che è sempre più lingua materna degli americani dell'Arizona: alla faccia delle palle che ci raccontano sull'integrazione che vuol dire quasi sempre assimilizzazione al più forte! Fine digressione.

La verità è che noi stiamo uccidendo la nostra lingua. E, in fin dei conti, la nostra identità nazionale.

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