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Annuncio spostamento blog
Ho deciso di muovere la mia pagina web accademica e il mio blog in un posto unico, e ho scelto di fare un blog e il sito con l'hosting gratuito su wordpress. Per favore, aggiornate i vostri feed reader al seguente indirizzo:
feed://feeds.feedburner.com/FedericoGobboBlogo
Se mai cambierò di nuovo, aggiornerò il feed, così voi non vi accorgerete di nulla. Analogamente, mi sono deciso a comprare un dominio che rimarrà anch'esso permanente:
http://federicogobbo.name
Tutto ciò che ho pubblicato sul blog di Blogspot rimarrà intatto perché già riferito nel web, perciò non ha senso toglierlo. Per non perdermi di vista, potete farvi vedere in qualche social network. Quelle a cui partecipo sono tutte listate a questo indirizzo.
Blog Change News
I moved my academic web page and my blog in one place, and they are both hosted (i.e., web page and blog) with the free hosting by wordpress. Please, update your feed readers with the following:
feed://feeds.feedburner.com/FedericoGobboBlogo
If I would ever change again, I will update the feed, so you won't notice. Analogously, I finally decided to buy a domain for me. This will act as a permanent url:
http://federicogobbo.name
Every post I published in the Blogspot blog will remain here as it is already spidered by the web. If you want to be in touch with me, consider to knock me via some social network. Mine are listed here.
Ŝanĝo de blogmotoro
Mi portis mian universitatanan tekstejon kaj mian blogon al ununura ejo, ambaŭ gastigitaj de Vordpreso. Bonvolu aktualigi vian rettralegilon al la sekva treleg-adreso:
feed://feeds.feedburner.com/FedericoGobboBlogo
Se mi volus ŝanĝi denove ejon, mi aktualigos la traleg-adreson, tiel ke, vi eĉ ne notos la ŝanĝon. Simile, mi finfine min decidis aĉeti porĉiaman ttt-adreson por mi:
http://federicogobbo.name
Ĉiu blogaĵo kion mi eldonis per Blogspoto restos tie ĉar jam araneigita ttt-e. Se vi volas resti en kontakto kun mi, frapu al iu socia reto kiun mi partoprenas. La kompletan liston vi trovas tie ĉ.
Thursday, February 28, 2008
Il modello collaborativo dell'open source per lo sviluppo software
Nell'ambito del programma di eventi del Cantiere dei Mestieri ICT, si è tenuto martedì 26 Febbraio in via Santa Marta 18 a Milano un convegno inerente il tema “Iniziative e prospettive per l’Open Source nelle Aziende e nella Pubblica Amministrazione". Trasmetto qui il mio contributo come relatore.
Per i tech-manica: la mia prima volta di lucidi fatti interamente con Google Docs. Per un certo tipo di informazioni, ricche di foto, può esser più agile della coppia LaTeX/Beamer...
Monday, February 25, 2008
pneumafonia: Canto con Serge Wilfart
Per chi volesse vedere la pneumafonia dal suo autore, consiglio una giornata di pneumafonia: Canto con Serge Wilfart a Milano prossimamente!
Friday, February 22, 2008
Omaggio a Buster Keaton in una inedita Torino
Ieri sera ho visto il film Dopo Mezzanotte di Davide Ferrario. È uno dei film più belli che abbia visto negli ultimi anni, dà uno spaccato di Torino come non l'avete mai vista, ed è un bellissimo omaggio a Buster Keaton. Ma anche i miei amici matematici protranno apprezzarlo... non vi dico perché. Da vedere.
Thursday, February 21, 2008
The beauty of Lego stop motion movies...
Juggling in YouTube during a pause I was kept by Spite Your Face Blogger Channel (don't ask me how, I don't remember). Well, I wish I have some time to make some Lego movie afeter seeing this... Even if I would never reach such technique... See for istance this would-be half episode of Star Wars:
Download them here. Furthermore, here you find +1000 Lego movies, while this seems to be a cool software for doing this kind of stuff.
Download them here. Furthermore, here you find +1000 Lego movies, while this seems to be a cool software for doing this kind of stuff.
Tuesday, February 19, 2008
Quattro mestieri per me posson bastare
Ho scoperto che so fare delle cose e queste cose interessano delle persone che sono disposte a pagarmi per farle. Le chiamano mestieri o, più pomposamente, professioni. Non male per un bipadre poco più che trentenne, vero?
Nell'ordine, io faccio il mestiere di:
studente di dottorato in informatica, il che comprende fare ricerca
(uno);
docente di epistemologia, etica e deontologia dell'informatica e di interlinguistica ed esperantologia
(due);
facilitatore agile per aziende, a partire dalla nostra scuola estiva ESSAP
(tre);
assistente pneumafonista
(quattro).
Nell'ordine, io faccio il mestiere di:
studente di dottorato in informatica, il che comprende fare ricerca
(uno);
docente di epistemologia, etica e deontologia dell'informatica e di interlinguistica ed esperantologia
(due);
facilitatore agile per aziende, a partire dalla nostra scuola estiva ESSAP
(tre);
assistente pneumafonista
(quattro).
Friday, February 15, 2008
Un pied a terre a Torino...
Lunedì scorso sono stato a Torino e ho scoperto, grazie al mio amico Fabrizio, un bellissimo Bed & Breakfast dall'atmosfera famigliare. Il signor Gino Nicosia vi accoglierà benissimo, e se siete fortunati avrete anche la vista sulla Mole...
Espressioni regolari facili per tutti...
Wednesday, February 13, 2008
Lettera a aperta a Orban sul multilinguismo europeo
Il commissario UE per il multilinguismo Orban ha pubblicato un post sul suo forum che ha giustamente scatenato molte reazioni. Il 14 febbraio 2008 alle ore 12:37 ho mandato il mio commento, con numero di serie 48. Siccome nel marasma di quel forum non riesco nemmeno a ritrovarlo, ripubblico sul mio blog il mio commento come lettera aperta:
Stimato signor Orban,
conosco anch’io il proverbio ceco da lei citato e lo condivido da linguista e ancor prima da cittadino europeo ed italiano. Mi stupisce invece la sua concezione del multilinguismo. Se parliamo una lingua degli altri diventa nostra, non è più degli altri. In letteratura ci sono diversi casi studio di parlanti che adottano una lingua non nativa considerandola loro, amandola e curandola, proprio come si adotta un bambino. Le segnalo a questo proposito il bel articolo di Djite (2006) in lingua inglese.
La ragione per cui l’esperanto non può diventare una lingua comune dell’Unione non è legislativa, e questo lei lo sa benissimo. È solo politica. Ovviamente l’esperanto non può e non vuole diventare una lingua ufficiale al pari delle 23 attuali: sarebbe poco corretto. L’esperanto non è una lingua ufficiale di uno stato membro dell’Unione, si candida ad essere qualcosa di diverso. Attualmente il suo status sociolinguistico assomiglia a quello di una lingua minoritaria, non certo a una lingua nazione. A questo proposito cito, molto immodestamente, il mio contributo del 2005, sempre in lingua inglese.
Condivido invece le premesse della sua seconda ragione contro l’esperanto, ma non le conclusioni: ci vuole uno sforzo di language engineering, ingegnieria linguistica, per creare ex novo settori del suo vocabolario (corpus planning). Ma questo, da linguista, mi sembra un problema trascurabile. Gli ebrei ci hanno costruito uno stato rimettendo a nuovo una lingua non più parlata da millenni. Il caso dell’ebraico moderno è esemplare. Si legga il bel libro di Hagège in francese.
Certo, questo ha delle conseguenze finanziarie. Ma a vantaggio di moltissimi cittadini europei non di madrelingua inglese, come nel rapporto Grin commissionato dal Ministero francese, citatissimo dagli esperantisti.
Il terzo punto suo è completamente errato, e nasce da un fraintendimento: l’espressione “lingua franca”, come mostrato da Robert Phillipson, è troppo polisemica. Non si può mettere sullo stesso piano la lingua franca storica, un pidgin del Mediterraneo in epoca medievale, con le lingue pianificate a vocazione ausiliaria come l’esperanto, o con il latino! Sono fenomeni linguistici totalmente diversi. La invito a far aggiornare il suo staff di responsabili di comunicazione per evitare simili gaffe in futuro.
Comunque non si illuda: la politica linguistica del lasciar fare che lei propugna, perché tanto non si imporrà mai una lingua franca, farà sì che l’Europa rimanga alla periferia dell’Occidente e del mondo intero, in balia dei capricci d’oltreoceano. It’s a matter of fact.
E i cittadini europei? Nel balbettare l’inglese, formeranno un pidgin come il gustoso europanto.
Sed se nicht vol omni europanos speakare this lingua believante anglese esse, besser no laissez-faire realpolitik sed brava courage idealpolitik pro doner solida cultural identity. O vou prefere doner kebab identity? No esse de same!
Bibliografia
Djite, Paulin. 2006. “Shifts in linguistic identities in a global world”. Language Problems and Language Planning 30:1, 1–20.
Gobbo, Federico. 2005. “The European Union’s Need for an International Auxiliary Language”. Journal of Universal Language, March 2005, 1-28.
Hagége, Claude. 2000. Halte à la mort des langues. Paris, Odil Jacob.
Saturday, January 26, 2008
Claude Piron, chi era costui?

Qualcuno mi ha chiesto... allora rispondo. Claude Piron è stato uno dei più influenti esperantisti almeno dagli anni 1970. Purtroppo non l'ho mai incontrato di persona, anche se abbiamo avuto qualche interessantissimo scambio via posta elettronica, che ricordo con piacere e affetto. Nato nel 1931, svizzerissimo, fu traduttore all'Onu e psicologo di formazione piagetiana (ma con evidenti influenze neofreudiane, rivelate soprattutto nel suo romanzo erotico scritto sotto lo pseudonimo di Johan Balano). Scrisse un libro in francese che ebbe un discreto successo, Le défi des langues - Du gâchis au bon sens, che lessi per scrivere la mia tesi di laurea dieci anni fa e che mi aprì le porte del francese. Generazioni di esperantisti si sono avvicinati alla lingua attraverso il suo romanzo giallo didattico Gerda malaperis.
La sua visione linguistica dell'esperanto, influenzata in parte dalla sua conoscenza del cinese, mi colpì profondamente qualche anno fa, al punto tale che tradussi un suo saggio in italiano sulle reazioni psicologiche all'esperanto che ancora oggi ritengo molto valido (quasi tutti i suoi saggi, molti tradotti in italiano, sono in rete). Le sue tesi sul valore cognitivo e psicologico dell'esperanto sono state il punto di partenza per la mia ricerca. Infaticabile nello spiegare le ragionevoli ragioni della lingua internazionale ausiliaria, di recente aveva anche usato YouTube come canale di diffusione delle sue idee psicologiche e politico-linguistiche.
A differenza degli aspetti cognitivi, la sua visione linguistica dell'esperanto, che accentua i caratteri non indoeuropei, veicolata nel suo best-seller La bona lingvo, per quanto accattivante al punto tale da far nascere un movimento interno con quel nome e le immancabili controrepliche, non mi ha mai del tutto convinto e può essere, a conti fatti, controproducente. Tra l'altro, nelle sue opere narrative è molto meno rigido che nelle sue dichiarazioni d'intenti teoriche.
Scrisse una quantità impressionante di opere narrative, tra cui la serie gialla dei romanzi Ĉu, da sempre nella top ten, furorlisto, dei romanzi leggeri della comunità: semplici, divertenti, ben scritti, godibili senza l'uso del dizionario. Ho apprezzato molto il romanzo Tien, l'unica opera in esperanto che ho riletto due volte in tempi diversi della mia vita, ottimo per progresantoj. Anche la sua produzione poetica, per quanto più modesta quantitativamente, è interessante: ricordo di aver letto anni fa la raccolta Malmalice, che mi colpì per la fresca semplicità delle immagini poetiche.
Per tutti i miei amici: sono spesso su Skype

Chi mi conosce non avrà difficoltà a trovare il mio nome su skype...
Thursday, January 24, 2008
Abrupte forpasis Claude Piron
Homaĝe al la klera esperantisto, mi reeldonas la sekvan filmeton de li pri la cerbofunkciado:
Wednesday, January 23, 2008
L'insipienza del rettore de La Sapienza
Ho ricevuto dal collega Luca Foggetta il seguente invito spedito da Carlo Cosmelli, associato di Fisica a Roma, uno dei 67 "incriminati".
Leggete l'appello e vedete se volete firmarlo. Io l'ho fatto. Per correttezza, riporto anche la lettera che hanno mandato il gruppo dei 67 di Roma al rettore (con la minuscola, non se la merita la maiuscola!) de La Sapienza:
Qui potete leggere la lettera di Marcello Cini originaria. Notate che nessuno ha impedito a Ratzinger di parlare, né i 67 si sono sognati di rivolgersi a lui, ma correttamente, si sono rivolti al decisore, cioè al rettore. Ecco come racconta la vicenda Giorgio Parisi, in un brano della lettera summenzionata:
Poco importa, secondo me, il fatto che Benedetto XVI, al secolo Joseph Ratzinger, avesse previsto, e potete verificarlo, un intervento assolutamente non-fondamentalista, che è l'obiezione portata da molti cattolici. Il punto è che la scienza moderna, vale dire dal Seicento, il secolo della matematizzazione della natura, muove le mosse esattamente distaccandosi da quanto Ratzinger avrebbe detto nel concludere il suo intervento:
Proprio distaccandosi dalla teologia, intesa come speculazione intellettuale alla luce delle scritture bibliche ed evangeliche in particolare, che la scienza è divenuta moderna. Il Papa non poteva che concludere come avrebbe concluso, e questo era, francamente, inopportuno, come la petizione precisa:
In breve: moltissimi politici hanno attaccato il gruppo dei 67, andate a vedere alla fonte cos'hanno detto, come se loro avessero messo un veto sull'intervento del Papa. Perché in questo scalcagnato ex-bel-paese nessuno dice la verità? Quella con la vu minuscola? Quella degli uomini? Perché nessuno se l'è presa con il vero Primo Motore dell'inutile kaos, il rettore Renato Guarini?
Agli amici, a colleghi conosciuti e sconosciuti, ai cittadini tutti,
che ci hanno inviato un mail di solidarietà.
Vi invio una lettera, scritta da Giorgio Parisi, fisico teorico, membro dell'accademia dei Lincei e di molte delle più prestigiose accademie del mondo, firmatario dell'appello, che può servire a chiarire alcuni punti stravolti dai media o semplicemente non detti in precedenza, e quindi non arrivati al grande pubblico. Molte reazioni negative sono state causate da una carenza di informazione.
Per ora esiste in rete un appello da firmare in nostro appoggio, che condividiamo pienamente. Vi saremo grati se voleste aderire e renderlo noto.
L'indirizzo è : http://www.petitiononline.com/386864c0/petition.html
Leggete l'appello e vedete se volete firmarlo. Io l'ho fatto. Per correttezza, riporto anche la lettera che hanno mandato il gruppo dei 67 di Roma al rettore (con la minuscola, non se la merita la maiuscola!) de La Sapienza:
Magnifico Rettore, con queste poche righe desideriamo portarLa a conoscenza del fatto che condividiamo appieno la lettera di critica che il collega Marcello Cini Le ha indirizzato sulla stampa a proposito della sconcertante iniziativa che prevedeva l'intervento di papa Benedetto XVI all'Inaugurazione dell'Anno Accademico alla Sapienza. Nulla da aggiungere agli argomenti di Cini, salvo un particolare. Il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso nella città di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un'affermazione di Feyerabend: "All'epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto". Sono parole che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all'avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano.
In nome della laicità della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l'incongruo evento possa ancora essere annullato.
Qui potete leggere la lettera di Marcello Cini originaria. Notate che nessuno ha impedito a Ratzinger di parlare, né i 67 si sono sognati di rivolgersi a lui, ma correttamente, si sono rivolti al decisore, cioè al rettore. Ecco come racconta la vicenda Giorgio Parisi, in un brano della lettera summenzionata:
Il rettore non ci ha risposto e poco accortamente è andato avanti per la sua strada. A questo punto per noi (o almeno per la stragrande maggioranza dei firmatari) la questione era chiusa. La lettera è rispuntata fuori nei giorni recenti talmente all’improvviso che alcuni giornali hanno preso un abbaglio ed hanno pensato che fosse stata scritta il 10 gennaio. C’è stata una reazione popolare di un’ampiezza inaspettata (tremila interventi sul forum di Repubblica. La maggior parte a nostro favore) che a parer mio ha confermato il nostro giudizio che l’invito era incongruo.
La reazione dei lettori dei forum e quella di molti studenti romani mostra chiaramente che c’è una fortissima tensione politica intorno al problema della laicità e che la nostra lettera è stata una scintilla che ha fatto sviluppare un incendio in un bosco pieno di legna secca durante una libecciata.
Poco importa, secondo me, il fatto che Benedetto XVI, al secolo Joseph Ratzinger, avesse previsto, e potete verificarlo, un intervento assolutamente non-fondamentalista, che è l'obiezione portata da molti cattolici. Il punto è che la scienza moderna, vale dire dal Seicento, il secolo della matematizzazione della natura, muove le mosse esattamente distaccandosi da quanto Ratzinger avrebbe detto nel concludere il suo intervento:
Che cosa ha da fare o da dire il Papa nell'università? Sicuramente non deve cercare di imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà. Al di là del suo ministero di Pastore nella Chiesa e in base alla natura intrinseca di questo ministero pastorale è suo compito mantenere desta la sensibilità per la verità; invitare sempre di nuovo la ragione a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino, sollecitarla a scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana e a percepire così Gesù Cristo come la Luce che illumina la storia ed aiuta a trovare la via verso il futuro.
Proprio distaccandosi dalla teologia, intesa come speculazione intellettuale alla luce delle scritture bibliche ed evangeliche in particolare, che la scienza è divenuta moderna. Il Papa non poteva che concludere come avrebbe concluso, e questo era, francamente, inopportuno, come la petizione precisa:
Apprezziamo la sensibilità del Papa per aver declinato l'invito; non altrettanto si può dire del Rettore Renato Guarini, che si è mostrato inadatto al ruolo che ricopre, incapace di tutelare la laicità dell'Università e il dialogo universale. Inadempiente alle sue responsabilità di garante, ha posto i firmatari del suddetto appello nella scomoda posizione di dover supplire ai compiti di garanzia che gli sarebbero stati propri e determinato una spiacevolissima situazione.
In breve: moltissimi politici hanno attaccato il gruppo dei 67, andate a vedere alla fonte cos'hanno detto, come se loro avessero messo un veto sull'intervento del Papa. Perché in questo scalcagnato ex-bel-paese nessuno dice la verità? Quella con la vu minuscola? Quella degli uomini? Perché nessuno se l'è presa con il vero Primo Motore dell'inutile kaos, il rettore Renato Guarini?
Ah dottò, tu ha da parlar ingles!
L'amico Michele pone l'attenzione su un altro, ennesimo caso, di miope deriva linguistica del nostro ex-bel-paese, che continua a svilire il suo patrimonio nazionale in nome di una supposta maggior internazionalità. Cito dal blog di Michele:
Intendiamoci. È ovvio che, per un dottorando in informatica italiano come me, è impensabile scrivere la tesi di dottorato in una lingua altra dall'inglese: la ricerca nel campo dell'informatica in lingua italiana è inesistente. Diverso sarebbe stato il caso se io fossi stato francese o spagnolo. Avrei potuto scegliere. Oramai, quando penso nel campo dell'informatica penso direttamente in inglese, e a volte faccio fatica a trovare le parole per spiegare in italiano i miei concetti agli studenti (condizione che i linguisti chiamano di diglossia). È una situazione che accetto perché è il mio lavoro, ma non per questo mi dimentico che non è l'unica soluzione possibile, e comunque non la migliore possibile, da perseguire e generalizzare in tutte le discipline accademiche.
Amici e colleghi olandesi e svedesi mi raccontano che i loro Atenei, i primi ad anglicizzare i corsi di dottorato e di lì a scendere, stanno tornando sui propri passi. Perché? Intanto perché paradossalmente si forzava docenti e studenti a seguire i corsi in una lingua che, checché ce la raccontiamo, non padroneggiamo fino in fondo, quando tutti condividevano i partecipanti condividevano rispettivamente olandese o svedese. O magari c'era uno studente Erasmus. Tedesco, o danese, nei due casi che ho raccolto informalmente. Ma non solo. Si sono resi conto che mantenere un bilinguismo, seppur diglottico come la situazione che vivo io, a volte è un vantaggio. Perché si accede a un delta in più di risorse e possibilità di pubblicazione che i prigionieri del monolinguismo (inglese o altro) non hanno. Se si hanno due strumenti per interpretare lo stesso mondo di riferimento si ha un effetto doppler, i battimenti mentali creano molte più idee interessanti.
Ovviamente noi in Italia tutte queste cose le ignoriamo, a livello ministeriale, e quindi inseguiamo una linea che si è già rilevata perdente.
L’inglese adesso vuole essere “imposto” dal Ministero a tutti i dottorandi, esso vuole diventare criterio discriminante su chi ha il diritto o no di fare scienza e ricerca, su chi può o meno iniziare la carriera accademica, a prescindere dalla disciplina scelta, sia essa fisica o storia del medioevo, a prescindere dalle competenze in altre lingue del candidato, viste come accessorie e quindi non necessarie. La conoscenza dell’italiano non è nemmeno dichiarata come indispensabile, dato che non è prevista nessuna norma a riguardo nel documento in questione, con l’esito paradossale che, a parità di altre condizioni, uno studente britannico ipso facto soddisfa tutti i criteri per accedere ai dottorati italiani, mentre un italiano che non sa l’inglese no.
Intendiamoci. È ovvio che, per un dottorando in informatica italiano come me, è impensabile scrivere la tesi di dottorato in una lingua altra dall'inglese: la ricerca nel campo dell'informatica in lingua italiana è inesistente. Diverso sarebbe stato il caso se io fossi stato francese o spagnolo. Avrei potuto scegliere. Oramai, quando penso nel campo dell'informatica penso direttamente in inglese, e a volte faccio fatica a trovare le parole per spiegare in italiano i miei concetti agli studenti (condizione che i linguisti chiamano di diglossia). È una situazione che accetto perché è il mio lavoro, ma non per questo mi dimentico che non è l'unica soluzione possibile, e comunque non la migliore possibile, da perseguire e generalizzare in tutte le discipline accademiche.
Amici e colleghi olandesi e svedesi mi raccontano che i loro Atenei, i primi ad anglicizzare i corsi di dottorato e di lì a scendere, stanno tornando sui propri passi. Perché? Intanto perché paradossalmente si forzava docenti e studenti a seguire i corsi in una lingua che, checché ce la raccontiamo, non padroneggiamo fino in fondo, quando tutti condividevano i partecipanti condividevano rispettivamente olandese o svedese. O magari c'era uno studente Erasmus. Tedesco, o danese, nei due casi che ho raccolto informalmente. Ma non solo. Si sono resi conto che mantenere un bilinguismo, seppur diglottico come la situazione che vivo io, a volte è un vantaggio. Perché si accede a un delta in più di risorse e possibilità di pubblicazione che i prigionieri del monolinguismo (inglese o altro) non hanno. Se si hanno due strumenti per interpretare lo stesso mondo di riferimento si ha un effetto doppler, i battimenti mentali creano molte più idee interessanti.
Ovviamente noi in Italia tutte queste cose le ignoriamo, a livello ministeriale, e quindi inseguiamo una linea che si è già rilevata perdente.
Uno strano libro si aggira su aNobii...

Finalmente posso rendere pubblico il mio regalo di Natale ai miei amici dei giochi di ruolo: il libro con le nostre avventure, tratto dal wiki. Inutile dire che i ragazzi erano perlomeno sorpresi... In realtà la buona notizia è che potete comprarlo anche voi, se ne avete voglia.
Vademecum per sopravvivere alle riunioni...
L'amico Fabio ne ha pubblicata una delle sue... Mi permetto di citare:
Segnati tutto. Tutto. Qualcuno dichiara la sua e-mail o il suo numero di telefono? Segnateli. Potrebbero essere del tizio che un venerdì alle 17.59 sarà l'unico sopravvissuto con la password del db di produzione. [...] Questo consiglio (arrivato da colleghi più scafato) mi è stato incredibilmente utile nei miei primi incarichi "di responsabilità". Magari come sviluppatore e basta puoi ricordarti tutto quel che riguarda il tuo lavoro. Male che vada se non ti segni un'informazione sprechi del TUO tempo per recuperarla. Invece, appena cominci a sprecare il tempo degli altri ti senti un idiota
Tuesday, January 15, 2008
Dizionario di bolognese
L'amico Daniele Vitali ha fatto e fa molto per rivitalizzare il bolognese. Ecco una sua breve ma efficace intervista su Rai Tre:
Monday, January 14, 2008
One laptop for my daughter...

Wow, here it is, One Laptop For Chld, with teh Get One Give One Program (now closed), today, Saint Belizar, the new year day of the old calendar... You can see it left to our MacBook.
Wednesday, January 09, 2008
Lezione sull'open source, creative commons e i nuovi mercati
Sempre per i miei soliti fan, ecco tre serie di presentazioni, in ordine di visione:
Sunday, January 06, 2008
Google presents itself
This slideshow is interesting at an object level (i.e. the content) and at a meta-level (i.e. the visualization). In fact, it presents at lot of facts and data in a very compact way: the use of different text dimension I liked a lot. Try have a look!
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