Domenica scorsa Sergio Romano ha scritto sul Corriere a proposito di esperanto. Egli scrive:
Cercherò ora di rispondere alla sua domanda sulla scarsa attenzione di cui l’esperanto gode nel mondo. Il fascino e l’utilità di una lingua dipendono da molti fattori. Il primo è rappresentato dalla sua bellezza e dall’importanza della sua letteratura: una lingua è tanto più attraente quanto più è ricca di grandi opere della fantasia e dell’intelligenza. Il secondo è il numero delle persone che se ne servono: la lingua è utile quando è molto diffusa. Il terzo è il dinamismo sociale, economico e culturale delle società in cui è parlata: apprendiamo le lingue anche e soprattutto quando ci offrono una chiave per entrare più facilmente in un mondo dove i laboratori, le università, le imprese e i centri di ricerca sono ricchi di creazione, innovazioni, sperimentazione. La lingua che maggiormente risponde alla somma di queste caratteristiche è l’inglese.
Primo argomento. Bellezza e letteratura. Molto poetico ma poco realistico: si tratta di una conseguenza del terzo argomento, da un punto di vista della scienza delle politiche linguistiche. Non ha alcun valore. La seconda guerra mondiale l'avesse vitna Hitler, diremmo che l'inglese è impreciso perché
to get ha troppi significati ed è il vessillo di una società plutocratica, e che il tedesco aiuta la mente a pensare in modo preciso e filosofico.
Secondo argomento. Numero dei parlanti. Anche se non sembra a prima vista, è errato. Secondo
la top ten delle lingue parlate nel mondo dovremmo parlare tutti cinese anziché inglese. Invece i cinesi imparano l'inglese: l'estate ero a Edinburgo per la
ESSLLI 2005 e gli studenti di età scolare erano tutti cinesi (si veda
la diffusione dei siti internet mondiale per lingua, dove comunque la tendenza alla crescita è soprattutto dei siti
non non inglese).
Terzo argomento. Dell'utilità economica. Messa cosí è alquanto debole: è una mezza verità, perché dà una spiegazione a posteriori, senza dare nessuna legge di "dinamismo" sociale. Ci sono infatti descrizioni piú raffinate delle leggi dell'economia applicate alle lingue. Il modello piú interessante che dà conto della diffusione linguistica -- e criticato -- è quello di
Philip Van Parijs pubblicato nel 2004 sulla rivista
European Journal of Sociology abstract e ripubblicato tra i
materiali preliminari del Quarto Simposio Nitobe di Vilnius (Lithuania) e ancor oggi
scaricabile. Per una critica puntuale e un'introduzione seria all'argomento, si veda il recente
articolo di Michele Gazzola pubblicato su Metabasis