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Qualcuno mi ha chiesto... allora rispondo. Claude Piron è stato uno dei più influenti esperantisti almeno dagli anni 1970. Purtroppo non l'ho mai incontrato di persona, anche se abbiamo avuto qualche interessantissimo scambio via posta elettronica, che ricordo con piacere e affetto. Nato nel 1931, svizzerissimo, fu traduttore all'Onu e psicologo di formazione piagetiana (ma con evidenti influenze neofreudiane, rivelate soprattutto nel suo romanzo erotico scritto sotto lo pseudonimo di Johan Balano). Scrisse un libro in francese che ebbe un discreto successo, Le défi des langues - Du gâchis au bon sens, che lessi per scrivere la mia tesi di laurea dieci anni fa e che mi aprì le porte del francese. Generazioni di esperantisti si sono avvicinati alla lingua attraverso il suo romanzo giallo didattico Gerda malaperis.
La sua visione linguistica dell'esperanto, influenzata in parte dalla sua conoscenza del cinese, mi colpì profondamente qualche anno fa, al punto tale che tradussi un suo saggio in italiano sulle reazioni psicologiche all'esperanto che ancora oggi ritengo molto valido (quasi tutti i suoi saggi, molti tradotti in italiano, sono in rete). Le sue tesi sul valore cognitivo e psicologico dell'esperanto sono state il punto di partenza per la mia ricerca. Infaticabile nello spiegare le ragionevoli ragioni della lingua internazionale ausiliaria, di recente aveva anche usato YouTube come canale di diffusione delle sue idee psicologiche e politico-linguistiche.
A differenza degli aspetti cognitivi, la sua visione linguistica dell'esperanto, che accentua i caratteri non indoeuropei, veicolata nel suo best-seller La bona lingvo, per quanto accattivante al punto tale da far nascere un movimento interno con quel nome e le immancabili controrepliche, non mi ha mai del tutto convinto e può essere, a conti fatti, controproducente. Tra l'altro, nelle sue opere narrative è molto meno rigido che nelle sue dichiarazioni d'intenti teoriche.
Scrisse una quantità impressionante di opere narrative, tra cui la serie gialla dei romanzi Ĉu, da sempre nella top ten, furorlisto, dei romanzi leggeri della comunità: semplici, divertenti, ben scritti, godibili senza l'uso del dizionario. Ho apprezzato molto il romanzo Tien, l'unica opera in esperanto che ho riletto due volte in tempi diversi della mia vita, ottimo per progresantoj. Anche la sua produzione poetica, per quanto più modesta quantitativamente, è interessante: ricordo di aver letto anni fa la raccolta Malmalice, che mi colpì per la fresca semplicità delle immagini poetiche.