Cari Beppe e Moni,
mi rivolgo a voi perché oggi in Italia sono i bravi uomini di spettacolo a fare politica, mentre troppo spesso i politici fanno i pessimi uomini di spettacolo.
Quanti paesi saranno membri nel 2015? Quante lingue? Secondo il piano di allargamento, piú di trenta. Moni ha affrontato il problema nel suo breve saggio 'Europa? Quale lingua?' ripubblicato di recente in Contro l'idolatria. Molto giustamente dice che l'italiano europeo dovrà idealmente parlare molte lingue e non una sola egemone (leggi: l'inglese). Auspica quindi la creazione gioiosa e di spontanei pasticciacci linguistici dal basso, come l'europanto di Diego Marani, o (aggiungo io) il grammelot di Dario Fo. Ma al di là del divertissement linguistico, l'europanto di Marani -- con il quale io stesso mi divertii a scrivere un esercizio di stile qualche anno fa -- non può e non vuole essere una lingua tout court.
L'esperanto, invece, lingua viva da piú di cent'anni, sopravvissuto a due guerre mondiali, è la lingua paneuropea per eccellenza. Eccone la ricetta.
INGREDIENTI PER COSTRUIRE A TAVOLINO LA LINGUA PANEUROPEA
Latino, greco, francese, tedesco, inglese, russo, polacco, yiddish ed ebraico in dosi varie.
Prendete le consonanti dello yiddish e le cinque vocali comuni alle lingue mediterranee, come italiano, spagnolo o greco. Scrivete le parole nobili e scientifiche del latino e greco, quelle quotidiane da francese, tedesco e inglese, e -- se serve per evitare ambiguità -- dal russo, polacco, yiddish ed ebraico, nell'alfabeto sopra definito. Mescolate il tutto per bene. Estraete i mattoncini della parole come quando giocavate a Lego. Divertitevi nel ricomporre le parole e componetene di nuove, analogamente al turco e all'ungherese. Eliminate le regole inutili: otterrete le 16 regole fondamentali che avrete ricavato nelle maggiori lingue europee. Scrivete la lista delle parole che avete ricavato e le traduzioni in parallelo. Usate un'ortografia consistente con la pronuncia, come quella del croato. Ecco il risultato. Incoraggiate le persone a giocare liberamente con le parole, rispettando le 16 regole fondamentali, in qualsiasi situazione -- dalla conferenza accademica al
lessico famigliare passando per la musica leggera originale. Lasciate lievitare per cento anni.
Voilà! Otterrete una lingua regolare e ibrida, precisa e flessibile, poetica e triviale, di tutti e di nessuno. Questo è l'esperanto.
Sottolineo, caro Beppe, che è tutto gratis, libero e aperto, open source. Fosse stata cucinata oggi, la lingua avrebbe una licenza Creative Commons. Nel 1887 i guerrieri del copyright stavano serrando le fila, come ci racconta Lessig, e contemporaneamente Zamenhof pubblicava il risultato della ricetta di cui sopra, rinunciando immediatamente a tutti i diritti d'autore. In altre parole, l'esperanto è di pubblico dominio.
Reinhard Selten, Nobel dell'economia per la teoria dei giochi, ha mostrato matematicamente che una sola lingua pivot nelle istituzioni europee ci farebbe risparmiare un sacco di euro.
Francois Grin dall'osservatorio ELF dell'Università di Ginevra, ha calcolato quanto ineguale è l'attuale regime linguistico europeo, e non dico 'regime' a caso: la Gran Bretagna ha un guadagno netto di 18 milardi di euro l'anno per la predominanza dell'inglese in Europa, che è una lingua ufficiale di diritto uguale alle altre. Con l'esperanto ne risparmieremmo 25, di miliardi di euro.
Ma non è solo questione di soldi. È soprattutto una questione di diritto. Per parlare di cose di casa nostra, qualche tempo fa il nostro ambasciatore Rocco Cangelosi ha protestato contro la marginalizzazione dell'italiano nelle conferenze stampa. Ma è solo una vittoria di Pirro.
È noto da tempo che molti bandi di concorso pubblici europei discriminano alcune lingue a favore di altre. Andate a Strasburgo, gli italiani che vi troverete a lavorare nell'amministrazione europea sono quasi tutti uscieri, quasi mai dirigenti. Oppure: andate a vedere come si fa a far registrare un brevetto europeo, e capirete perché come inglesi, ma anche francesi e tedeschi, sono di fatto avvantaggiati. A scapito dell'Italia, ma anche e soprattutto dei paesi piú piccoli.
Con un'Europa che va dall'Atlantico al Mar Nero, inevitabilmente cristiana, ebrea e islamica insieme, e comunque illuminista nel senso profondo, nel senso della necessaria separazione tra Stato e Chiese, di qualunque tipo, serve una lingua comune: che non sia straniera ad alcuno, cioè che ciascuno ci possa ritrovare qualcosa di suo; e che, altrettanto importante, una lingua di cui nessuno può dire "è mia, non è tua".
Questa lingua non è l'inglese, nemmeno in qualche versione basic o globish, o con ortografia riformata. Una riforma ortografica non gli non farebbe male, all'inglese, perché va comunque studiato visto che l'Europa non è l'ombelico del mondo, e il potere politico degli Usa è una realtà. A questo proposito, Philip Seymour ha mostrato come l'ortografia attuale dell'inglese è la la piú difficile tra le lingue europee, visto che i bambini scozzesi ci mettono due anni e mezzo a imparare a leggere quello che i bambini italiani, greci e finlandesi ci mettono in meno di un anno). È chiaro che questa soluzione avvantaggerebbe comunque i parlanti nativi dell'inglese.
Questa lingua non è nemmeno il latino, o qualche sua regolarizzazione, come l'interlingua, romanzo medio normalizzato. È chiaro che avvantaggerebbe comunque i parlanti delle lingue romanze.
Questa lingua è, per esclusione, l'esperanto. Senza imporla, intendiamoci. Facciamocome all'Università di Eötvös di Budapest, Ungheria, Europa, dove chi vuole studiarla può farlo, e le istituzioni scolastiche lo certificano. Risultato: poiché l'esperanto a parità di fatica lo impari molto piú velocemente delle altre lingue, vedrete che i nostri studenti lo studieranno volentieri. A Budapest è la lingua piú studiata dopo l'inglese. Cosí sia a Lisbona, Vilnius, oppure a Glasgow. Sí perché in Gran Bretagna si sono resi conto che nemmeno a loro conviene rimanere prigionieri del monolinguismo nella lingua egemone. Lo ha mostrato dettagliatamente Robert Phillipson, nel suo libro English-Only Europe?
Insomma, pensateci. È tutto gratis, Beppe! Non mi credete? Potete verificare voi stessi con un corso, al sito Lernu.net. E anche se avete un amico lituano, potete consigliarglielo: il corso è in ventiquattro lingue, anche in lituano. Ĝis la revido,
Federico
Milano / Varese, Italia, Europa
P.S.
La mia speranza è che questa lettera aperta diventi sorpassata e inutile molto presto. Io ho un sogno, che un giorno il mio nipotino venga da me e mi dica: "Nonno! Nonno! Com'è che facevate quando tu eri bambino, con tutte quelle monete diverse e senza una lingua comune? Me lo racconti?" E io glielo racconterò. Molto volentieri.
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