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La notizia dei tafferugli nel mio quartiere ha fatto il giro del mondo, e naturalmente non si riesce a capire cosa è successo veramente. La televisione russa, per esempio, accusa apertamente il governo italiano di non supportare lo sviluppo economico della comunità italo-cinese.
Quel giorno sono passato in macchina tra via Giusti e via Niccolini per tornare a casa e mi hanno impressionato le bandiere della Repubblica Popolare Cinese appese ai pali della strada, dimostrativamente. Sono state presto tolte, e al loro posto sono comparse cartelli sulle vetrine dei negozi del quartiere con scritte (in italiano) come "ingrosso è legalità; lavoro diritto inviolabile dell'uomo" e odiose scritte di Forza Nuova dove "embargo ai prodotti cinesi" è la più intelligente.
Chi ha ragione? Non so (Forza Nuova ha torto, comunque). So solo che non esistono a tutt'oggi associazioni realmente italocinesi del quartiere, vali a dire bilingue italiane-cinesi. Le due comunità non si parlano. Tranne i bambini. Sì, perché in piazza Cesariano, dove ci sono giochi come l'altalena o lo scivolo, i bambini del quartiere giocano insieme a pallone, parlano di cartoni animati e altre cose della loro età, in milanese. Indifferentemente italiani o cinesi (a giudicare dai lineamenti). In realtà sono tutti milanesi. E quindi italiani. L'integrazione è già avvenuta.
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