Un intimo amico del dottor Welby, amico anche mio da lunga data, mi ha mandato copia di un appunto di lui, dettato negli ultimi tempi, pregandomi di diffonderlo. Ho pensato di farvelo pervenire.
Una cosa è sicura dell’uomo, che è mortale. Il Signore ci dà la vita, il Signore poi ce la toglie. Di regola a settanta, ottant’anni, ma non di rado anche prima. A qualcuno senza preavviso, su due piedi, a qualcun altro preavvisandolo, con una malattia fin dall’inizio destinata a portare nell’Aldilà. Verrò prima del tuo previsto, dice in questo caso, e ti chiederò indietro la vita che ti ho dato. Quando capita a noi, come tutti i debitori dilazioniamo se possibile la restituzione del bene e perciò ci opponiamo con ogni mezzo alla malattia mortale, pur nella consapevolezza che è inutile. Il Signore è buono, sa che dovremmo aver fiducia in lui e non temere di metterci nelle sue mani, ma sa anche che la nostra fede è debole e che l’ignoto ci spaventa. Quindi, nella sua misericordia, e un po’ sorridendo di questi suoi figli, non condanna che pur essendoci pervenuta la precisa richiesta prolunghiamo di alquanto il possesso della vita. Di alquanto. Ma io, Welby, sono quarant’anni che non gliela rendo, da parecchi appellandomi come cavillo a una macchina, la quale ormai compie tutto per me. Tutto tranne farmi da coscienza, e la coscienza mi interroga: è fede in Dio la mia che mi sottraggo al suo incontro e mi tengo stretto a un meccanismo invece di accettare il suo abbraccio? Sempre più penso di no, penso che fede, almeno per me, non parlo per un altro, sarebbe un bel momento cessare di recalcitrare. Mi dice qualcuno che a chiedere di staccare la spina rifiuterei la vita, che è dono di Dio. Ma io mi domando: inviandomi in questo secolo questa particolare malattia, il Signore mi ha chiesto la mia vita indietro. Col volere mantenerla assolutamente, a qualunque condizione, non antepongo il dono di Dio a Dio stesso? Mi prescrivono di rimanere abbarbicato alla vita: non fanno così i pagani, che non hanno speranza? Forse finirà che mi rifiuteranno il funerale religioso, ma anche Gesù fu condannato perchè faceva la volontà del Padre, e secondo la profezia di Isaia venne sepolto fra i malfattori.
Mio Dio, cosa ho detto. Signore, perdonami questa audacia. Abbi pietà di me, che sono un peccatore.
L’amico comune non era presente alla morte del dottor Welby e non può dire se è avvenuta in questa disposizione. Ha inteso, immagino per dare conforto, segnalarne la possibilità.
Sandro Vesce