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Annuncio spostamento blog


Ho deciso di muovere la mia pagina web accademica e il mio blog in un posto unico, e ho scelto di fare un blog e il sito con l'hosting gratuito su wordpress. Per favore, aggiornate i vostri feed reader al seguente indirizzo:

feed://feeds.feedburner.com/FedericoGobboBlogo

Se mai cambierò di nuovo, aggiornerò il feed, così voi non vi accorgerete di nulla. Analogamente, mi sono deciso a comprare un dominio che rimarrà anch'esso permanente:

http://federicogobbo.name

Tutto ciò che ho pubblicato sul blog di Blogspot rimarrà intatto perché già riferito nel web, perciò non ha senso toglierlo. Per non perdermi di vista, potete farvi vedere in qualche social network. Quelle a cui partecipo sono tutte listate a questo indirizzo.

Blog Change News


I moved my academic web page and my blog in one place, and they are both hosted (i.e., web page and blog) with the free hosting by wordpress. Please, update your feed readers with the following:

feed://feeds.feedburner.com/FedericoGobboBlogo

If I would ever change again, I will update the feed, so you won't notice. Analogously, I finally decided to buy a domain for me. This will act as a permanent url:

http://federicogobbo.name

Every post I published in the Blogspot blog will remain here as it is already spidered by the web. If you want to be in touch with me, consider to knock me via some social network. Mine are listed here.

Ŝanĝo de blogmotoro


Mi portis mian universitatanan tekstejon kaj mian blogon al ununura ejo, ambaŭ gastigitaj de Vordpreso. Bonvolu aktualigi vian rettralegilon al la sekva treleg-adreso:

feed://feeds.feedburner.com/FedericoGobboBlogo

Se mi volus ŝanĝi denove ejon, mi aktualigos la traleg-adreson, tiel ke, vi eĉ ne notos la ŝanĝon. Simile, mi finfine min decidis aĉeti porĉiaman ttt-adreson por mi:

http://federicogobbo.name

Ĉiu blogaĵo kion mi eldonis per Blogspoto restos tie ĉar jam araneigita ttt-e. Se vi volas resti en kontakto kun mi, frapu al iu socia reto kiun mi partoprenas. La kompletan liston vi trovas tie ĉ.




Sunday, December 24, 2006

Welby morto cristianamente?

Ricevo e volentieri pubblico, da parte di Sandro Vesce, amico di famiglia, un suo comunicato, con preghiera di diffusione:

Un intimo amico del dottor Welby, amico anche mio da lunga data, mi ha mandato copia di un appunto di lui, dettato negli ultimi tempi, pregandomi di diffonderlo. Ho pensato di farvelo pervenire.

Una cosa è sicura dell’uomo, che è mortale. Il Signore ci dà la vita, il Signore poi ce la toglie. Di regola a settanta, ottant’anni, ma non di rado anche prima. A qualcuno senza preavviso, su due piedi, a qualcun altro preavvisandolo, con una malattia fin dall’inizio destinata a portare nell’Aldilà. Verrò prima del tuo previsto, dice in questo caso, e ti chiederò indietro la vita che ti ho dato. Quando capita a noi, come tutti i debitori dilazioniamo se possibile la restituzione del bene e perciò ci opponiamo con ogni mezzo alla malattia mortale, pur nella consapevolezza che è inutile. Il Signore è buono, sa che dovremmo aver fiducia in lui e non temere di metterci nelle sue mani, ma sa anche che la nostra fede è debole e che l’ignoto ci spaventa. Quindi, nella sua misericordia, e un po’ sorridendo di questi suoi figli, non condanna che pur essendoci pervenuta la precisa richiesta prolunghiamo di alquanto il possesso della vita. Di alquanto. Ma io, Welby, sono quarant’anni che non gliela rendo, da parecchi appellandomi come cavillo a una macchina, la quale ormai compie tutto per me. Tutto tranne farmi da coscienza, e la coscienza mi interroga: è fede in Dio la mia che mi sottraggo al suo incontro e mi tengo stretto a un meccanismo invece di accettare il suo abbraccio? Sempre più penso di no, penso che fede, almeno per me, non parlo per un altro, sarebbe un bel momento cessare di recalcitrare. Mi dice qualcuno che a chiedere di staccare la spina rifiuterei la vita, che è dono di Dio. Ma io mi domando: inviandomi in questo secolo questa particolare malattia, il Signore mi ha chiesto la mia vita indietro. Col volere mantenerla assolutamente, a qualunque condizione, non antepongo il dono di Dio a Dio stesso? Mi prescrivono di rimanere abbarbicato alla vita: non fanno così i pagani, che non hanno speranza? Forse finirà che mi rifiuteranno il funerale religioso, ma anche Gesù fu condannato perchè faceva la volontà del Padre, e secondo la profezia di Isaia venne sepolto fra i malfattori.

Mio Dio, cosa ho detto. Signore, perdonami questa audacia. Abbi pietà di me, che sono un peccatore.

L’amico comune non era presente alla morte del dottor Welby e non può dire se è avvenuta in questa disposizione. Ha inteso, immagino per dare conforto, segnalarne la possibilità.
Sandro Vesce

Un pensiero molto natalizio

Ho seguito la vicenda di Piergiorgio Welby, come molti italiani. Non mi stupisce la negazione della curia di officiare il rito religioso, in fondo è nel loro diritto. Per il resto, è inammissibile che il mio Paese sia ostaggio di una Chiesa, che porta avanti una visione burocratica e anticristiana dell'umanità e quindi anche del cristianesimo, quello vero. Piergiorgio Welby il 16 Maggio 2002 ha scritto:

In un società, profondamente cinica e indifferente che ha fatto del disprezzo per la vita una sua griffe inconfondibile, un dato oggettivo incontestabile e che proprio per questa peculiarità sarà ricordata nei secoli futuri nei testi scolastici…in questa società, dico, è proibito ai disperati, ai malati senza speranza, ai sofferenti in stadio terminale, a tutti quelli insomma per i quali la vita è diventata una sofferenza indicibile e dove l’unico sollievo che hanno è la speranza di chiudere gli occhi la sera e non riaprirli al mattino, a loro è fatto divieto assoluto e inderogabile di morire conservando ancora un briciolo di dignità. Puoi far sopprimere un cane od un altro animale per risparmiargli dolori inutili, ma un uomo no! Un uomo deve entrare nel circuito perverso delle sale di rianimazione, dei tubi, delle sonde, dei cateteri, dei decubiti, del puzzo di merda e di paura, delle mani impietose che incidono, raschiano, suturano, ispezionano, svuotano, aspirano ...e tutto questo solo per un gioco infame chiamato progresso scientifico…e per le convinzioni? dei Sgreccia, dei Ratzinger, dei Ruini, dei Tonini, dei Buttiglione ecc. e mentre loro filosofeggiano e ti sventolano sotto al naso le loro verità (hanno sempre una verità in tasca…pronta e preconfezionata) ...monolitiche e inossidabili (tanto possono sempre chiedere scusa delle loro cazzate ...tra un centinaio d’anni)...migliaia di disgraziati cercano una impossibile via di fuga.


Citato da Milda reveno

Wednesday, December 20, 2006

Bahaviour Driven Development, a lingua franca for customers and developers


Luke Redpath wrote a very interesting post on Behaviour Driven Development (BBD), the missing step in the agile practices arena, inheriting some good idea from Domain Driven Design -- read the introduction by Martin Fowler (see picture) or the PDF book Domain Driven Design Quickly. It's free if you register.

If you have ever felt that Test Driven Development (TDD) is great but you need a human-human interface to talk to customers (not always) on site, or that TDD practice doesn't go beyond your code activity, BBD introduction is worth a read.

Not something against TDD but integrating, in favour of one of my educational missions: working for one culture, against the false dichotomy humanists vs. technologists.

Quoting:
BDD relies on the use of a very specific (and small) Vocabulary to minimise miscommunication and to ensure that everyone – the business, developers, testers, analysts and managers – are not only on the same page but using the same words. It must be stressed that BDD is a rephrasing of existing good practice, it is not a radically new departure. Its aim is to bring together existing, well-established techniques under a common banner and with a consistent and unambiguous terminology. In fact, “getting the words right” was the starting point for the development of BDD, and is still very much at its core. “Getting the words right” is intended to produce a vocabulary that is accurate, accessible, descriptive and consistent.

Thanks to Matteo's post for this link discover.

Il fantasma di Monza

Qualche settimana fa ero passato a trovare i miei e ho passato un interessante pomeriggio con mio fratello Sebastiano, di tredici anni. Voleva fare qualcosa di interessante e nuovo con il computer, che non fosse clicca-furiosamente-sullo-schermo-per-colpire-tutto-ciò-che-si-muove.

Gli ho proposto di scrivere insieme un videogioco, scrivendo un'avventura in Inform7, l'innovativo linguaggio di storie interattive scritto in un sottoinsieme dell'inglese. La storia l'ha inventata ovviamente lui. Da notare che era la prima avventura interattiva anche per me, e la prima volta che usavo il linguaggio.

In cinque pomodori (due ore) abbiamo lavorato in programmazione a coppie ruotandoci alla tastiera ad ogni pomodoro e abbiamo completato il primo rilascio di Monza's Phantom, che è entrato nell'archivio ufficiale internazionale delle storie interattive -- il mio regalo di Natale per lui: la sua prima pubblicazione su web in un prestigiosissimo sito!

Sebastiano si è divertito moltissimo, il che era il mio obiettivo per quel sabato pomeriggio! Era molto contento di usare l'inglese per qualcosa di divertente (la prima volta, a sentir lui) ed esaltatissimo di aver costruito un videogioco funzionante -- mio padre l'ha testato, cioè giocato, ed era piacevolmente sorpreso dal risultato.

Inoltre, era la prima volta che mio fratello programmava, ovviamente senza che io gli avessi detto che stava programmando o altro, stavamo giocando e punto. E devo dire che le tecniche agili superano benissimo anche questa prova. Intanto, la rotazione della programmazione a coppie mi ha permesso che non si distraesse. Poi, ogni volta che completavamo una frase/clausola subito facevamo il test d'accettazione, cioè facevamo girare il codice e provavamo a giocare. È chiaro che non potevamo fare i test in anticipo in questo caso... Ma tant'è. Mi ha fatto domande interessantissime, del tipo "perché devo scrivere per filo e per segno tutto quanto? Il computer non capisce niente?" Io gli ho spiegato che il computer è preciso da un lato e gnucco dall'altro. Preciso perché vuole le cose scritte chiare per far andare la storia, gnucco perché una virgoletta mancante e lui non capisce più niente. Credo che Sebastiano abbia capito molte cose del funzionamento di un computer quel pomeriggio, e io mi sono divertito almeno quanto lui.

Ecco il sorgente della storia:

"Monza's Phantom" by Sebastiano e Federico Gobbo

When play begins: say "The great phantom of Monza is lost. Would you help to found it?"

Piazza Roma is a room. "You are at Piazza Roma, a small square in an interesting town in the Northen part of Italy, next to Milan. At the center there is a fountain. A middle age building is east of Piazza Roma."

A fountain is here. The fountain is fixed in place. "The fountain is a young woman with a frog in her hand. From the frog's mouth water sprinkles out in the fountain." A silver key is in the fountain. The key is portable. The description of the silver key is "It is a small silver key that can lay in the palm of your hand."

Arengario's Portico is a room. The Arengario's Portico is east of Piazza Roma. "Arengario is a building made of red bricks. Under the main part there is a portico. You are inside the portico. There is a wooden door that leads to the main building."

The wooden door is a door. The wooden door is inside of the Arengario's Portico. The wooden door is scenery. "The door, that stays inside the Arengario's portico is very old and it is locked." The wooden door is lockable and locked. Through it is the Arengario's Main Building. The silver key unlocks the wooden door.

Arengario's Main Building is a room. "You go upstairs and enter the main building. Inside the main building there is a big box." Above the Arengario's Portico is the Arengario's Main Building.

A big box is here. The big box is scenery. The big box is a closed openable container. The description of the big box is "The big box is iron made. It is heavy and closed. It is trembling."

Instead of opening the box, end the game saying "A phantom go out of the iron box and it is now free thanks to you! He says -- good-bye my friend! -- and flies away in the blue sky.".

Tuesday, December 19, 2006

Cosa fate nelle pause tra un pomodoro e l'altro?

No, non sono impazzito... Se non capite il titolo, leggetevi almeno questo mio vecchio post per capire di cosa sto parlando. Un aspetto po co trattato della tecnica del pomodoro a mio avviso sono le pause. Cosa succede in quei cinque minuti fatidici? Riuscite a staccare veramente? Io all'inizio ho avuto le mie difficoltà.

Innanzitutto, ho visto che bisogna togliere subito le dita dalla tastiera e mouse come se fossero incandescenti. E fare qualcosa di esterno al computer. All'inizio, infatti, davo un'occhiata alla posta o cliccavo in giro sul web... ma non era efficace. La cosa migliore è alzare il sedere dalla sedia.

Ma che fare se non si sa può alzare il sedere dalla sedia senza dare nell'occhio? Io ho mutuato alcuni esercizi dal Qi Gong della dottoressa Ma come li ho ricavati dall'insegnamento di Dominque Ferraro. Possono essere fatti da chiunque da seduto: non richiedono conoscenza tecnica particolare, non sono particolarmente legati alla cultura cinese (si ritrovano anche in tecniche di training autogeno occidentali), e sono veloci da fare (meno di un minuto!). Sono piú difficili da scrivere che da fare. Non preoccupatevi se non sentite nessun effetto le prime volte. Abbiate fiducia e insistete. Potete farli in qualsiasi ordine e quante volte volete, vi farà solo bene.

Per prima cosa toglietevi gli occhiali, se li indossate.

Primo esercizio: palmi sugli occhi. Appoggiate la base del palmo (vicino al polso) sull'orbita inferiore dell'occhio e coprite delicatamente gli occhi con entrambe le mani. Delicatamente, senza premere gli occhi. Visualizzate uno schermo nero per vuotare la mente. Inspirate. All'espirazione portate giú le mani lungo le guance e riaprite gli occhi. Potreste sentire i muscoli attorno all'occhio rilassati.

Secondo esercizio: pettinare i capelli. Mettete le punte delle dita sulla fronte e pettinatevi i capelli, inspirando. Giunti alla nuca, appoggiate i palmi sul collo ed espirate, stirando leggermente il collo. Rilasciare le mani in avanti. Se sentite un brivido di freddo che scende dalla schiena, congratulazioni! Avete rilassato le cervicali, che si tendono quando si usa il computer per molte ore.

Terzo esercizio: soffiare e tirare i lobi. Prendete i lobi delle orecchie tra la punta del pollice e l'indice e tirate leggermente verso il basso. Soffiate silenziosamente, come doveste far volare una piuma: il soffio è freddo e sottile. Ripetete sei volte. Se percepite un frescore negli occhi, che si sono inumiditi, e una maggiore chiarezza d'ascolto, ottimo, l'esercizio vi ha giovato!

Quarto esercizio: cerchiolini sulle orecchie. Avvicinate il centro del palmo della mano al centro dell'orecchio, dove c'è il condotto uditivo, alla distanza di due dita circa. Tenete le spalle rilassate mentre avvicinate le mani alle orecchie. Ora disegnate dei cerchiolini in aria in avanti con entrambe le mani. Il movimento &egravE; quasi impercettibile. Prestate attenzione all'ascolto. Dovreste sentire un suono caratteristico. Dopo qualche cerchiolino (io ne faccio sei per volta), fate scendere le braccia lentamente, espirando. Potreste avere una sensazione di percezione dell'ambiente piú nitida, sia all'udito che alla vista, e una sensazione di rilassatezza al collo.

Potrei farmi buddista...


Il Dalai Lama non cessa mai di stupirmi, piacevolemente, s'intende. Fin dal 1988 ha dichiarato che la soluzione politica al problema tibetano è la via non-violenta del Süd Tirol/Alto Adige e l'anno scorso ha parlato dell'etica del Terzo Millennio nell'era della globalizzazione proprio a Bolzano (report ufficiale). Queste riflessioni sono culminate nel libro Ethics for the New Millennium, in italiano Una rivoluzione per la pace, che sicuramente leggerò Chi mi conosce bene sa quanto ho a cuore i monti sudtirolesi, e tutto questo non poteva che toccarmi profondamente...

Ma l'altro giorno ho avuto la sorpresa.

Il primo giugno 2006, alla cerimonia annuale Light of Truth Awards, il premio dato a individui e istituzioni che fanno conoscere i problemi legati al riconoscimento del Tibet, il Dalai Lama ha premiato la casa editrice Hergé. Fin qui nulla di strano, direte voi... La cosa sorprendente (ma forse no, in fondo) è che Sua Santità ha distribuito copie del fumetto Tintin in Tibet esclusivamente nella versione esperanto (come fa fede la foto che riproduco qui e questo articolo dei tintinaires catalani), auspicando che un giorno tutti noi parliamo una lingua comune.

Dankon, kara Dalailamao!

Ulteo, ultima frontiera Linux


Gaël Duval fin da quando inventò Mandrake ha sempre voluto portare Linux sul desktop. Alcuni sanno che da un po' di tempo ha lanciato il progetto Ulteo, non (solo) una nuova distribuzione Linux -- basata su Kubuntu -- ma qualcosa di piú. Per chi sa il francese, c'è una interessante intervista sulla filosofia di Ulteo s PCinpact.Ecco uno stralcio del messaggio spedito a tutti gli iscritti di lingua italiana

Ulteo è stata disegnata per semplificare in maniera definitiva l'utilizzo dei computer.

Noi pensiamo che gli utenti dei computer odierni spendano
troppo tempo eseguendo attività di amministrazione come
queste:

- installazione del sistema
- amministrazione del sistema
- manutenzione del sistema
- aggiornamento del sistema
- installazione di applicazioni
- aggiornamento delle applicazioni presenti sul sistema
- etc...

Il risultato di queste attività è che gli utenti eseguono
attività che dovrebbero essere riservate a specialisti dei
computer, mentre pensiamo che essi dovrebbero occupare il
loro tempo usando le applicazioni di cui hanno bisogno.
Ulteo tenta di dare delle risposte a questi problemi.

La prima risposta che diamo è quella di considerare Sistema
Operativo + applicazioni come un solo sistema che potremmo
definire un "Application System". Questo sistema dovrebbe:

1 - fornire sempre le applicazioni stabili più aggiornate
ed aggiornarsi automaticamente

2 - richiedere nessuna o pochissima manutenzione all'utente

3 - aprire potenzialmente gli orizzonti dell'utente a
qualsiasi applicazione esistente, nel modo più semplice

Interessante, non è vero? Pensate a un linux virtualizzato interamente nella finestra di un browser, per esempio. Per ora c'è la prima (e loro dicono l'ultima!) versione del CD d'installazione di Ulteo. L'ho provata in versione live, ed è pulita, ben fatta.

Restate in ascolto, alla prossima puntata!

Friday, December 15, 2006

Ineguaglianze accademiche / Akademiaj malegalecoj















In occasione del giorno dell'esperanto ho deciso di aderire alla campagna degli esperantisti Usa, che hanno proposto una festa dei blog. Voglio dunque scrivere due righe su un ambiente che comincio a conoscere un po' bene, quello accademico. Come molti sanno, l'attività accademica si divide in due parti principali, la ricerca e la didattica (c'è una terza parte di tipo amministrativo-burocratico di cui tutti farebbero a meno ma purtroppo non si può). Io vivo questa attività in una sostanziale situazione di diglossia: faccio didattica esclusivamente in italiano (per fortuna per i miei studenti!) e faccio ricerca principalmente in inglese, e molto meno in italiano e ancor meno in esperanto. Perché questo?

Esperanto-tago
Okaze de la esperanto-tago mi decidis adheri al la kampanjo de la usonanaj esperantistoj, kiuj proponis blogfeston. Mi do volas verketi pri medio kiun mi ekkonas iel bone, nome akademia. Kiel sciite, la akademia aktiveco dividiĝas en du partoj: esplorado kaj didaktiko (estas ja tria buroa-administrema parto kiun ĉiu volonte evitus sed bedaŭrinde ne eblas). Mi vivas mian aktivadon en substanca situacio de diglosio: mi didaktikas nur en la itala (bonŝance por miaj gestudentoj!) kaj mi esploradas precipe en la angla, kaj multe malpli en la itala kaj ankoraŭ en esperanto. Kial tio?

La risposta è ovvia: perché le scienze dure in primis sono globalizzate -- il che significa linguisticamente anglofone. E l'informatica (sorvoliamo su quanto sia dura come scienza) prima di tutte, essendo parte in causa di questa globalizzazione, avendo fornito il supporto tecnologico su cui pubblico ora, cioè il web. Le conseguenze sono ovvie: ci metto il doppio del tempo di un nativo inglese a pubblicare un articolo, perché viviamo tutti nel regime dittatoriale del publish or perish, e dobbiamo pubblicare in certe riviste per avere prestigio e meno in altre, e questa è la prima chiara forma di ineguaglianza. Ma se per l'informatica e le scienze dure può avere un senso uniformare tutto, sicuramente questo senso non c'è nel caso delle scienze umane o di confine, come la linguistica, che è molto formalizzata ma il cui oggetto di studio riguarda chiaramente gli esseri umani.

La respondo malsurprizas: kial dursciencoj antaŭe tutmondiĝis -- tio signifas lingvavidpunkte anglemi. Kaj informadiko (ne zorge pri kiom duras ĝi kiel scienco) antaŭ la aliaj, ĉar informadiko aktive kontribuis tutmondadon per la teknologio kiun mi estas uzanta por publiki nun, nome la TTT. Konsekvencoj klaras: duoblo da tempo por publiki sciencan artikolon kompare kun denaska anglalingvano, ĉar ĉiu el ni vivas en la diktatora reĝimo publish or perish, kaj ni devas publiki en kelkaj revuoj por prestiĝi kaj malpli grave en aliaj, kaj tio estas la unua klara formo de malegaleco. Sed, se por informadiko kaj dursciencoj povas iel senci unuformigi ĉion, nepre ne kaze de homaj aŝ limaj sciencoj, kiel lingvistiko, kiu estas tre formaligita sed kies studobjekto klare koncernas homojn.

È terribile leggere articoli scientifici di linguistica riguardanti lingue diverse dall'inglese che in bibliografia non hanno nemmeno una entrata scritta in detta lingua (salvo siano lingue in pericolo o mai scritte, certo). Eppure questo accade, sempre piú spesso. Tutti si riempiono la bocca di parole come 'parità linguistica', 'diritto umano alla lingua', 'multilinguismo come educazione alla diversità', e poi nella pratica... Ha ragione un amico orientalista, che mi dice che loro hanno per forza una marcia in piú di molti linguisti: per studiare bene lingue come l'arabo classico o l'aramaico devi leggerti una grammatica in spagnolo, una monografia in tedesco, pubblicazioni in francese e inglese, nonché articoli in arabo, ebraico e aramaico... È chiaro che rispetto a un esperto di Shakespeare, Proust o Dante devi per forza padroneggiare, perlomeno per iscritto, molte pi&ucaute; lingue. Con l'importante conseguenza che un orientalista magari ci mette il triplo a pubblicare, però poi i contenuti, che diamine, hanno ben altra solidità. Non credete?

Terure oni legas lingvistikajn sciencartikolojn pri ne-anglaj lingvoj kiujn bibliografie enhavas eĉ ne ununura indiko en la pritraktita lingvo (kompreneble, se ili ne estas lingvoj en danĝero aŭ neniam skribitaj). Tamen tio okazas, ĉiam pli ofte. Homoj kvakas vortojn kiel 'lingva egaleco', 'lingvaj homaj rajtoj', 'multlingvismo kiel edukado al diverseco', sed poste praktike... Pravas amiko mia, orientalisto, kiu diras, ke orientalistoj volenevole pli lertas de multaj lingvistoj: por studadi parkere lingvojn kiel la klasika araba aŭ la aramea oni devas legi gramatikon en la hispana, monografion en la germana, eldonseriojn en la franca kaj la angla, krom artikoloj en la araba, hebrea kaj aramea mem... Klaras, ke kompare al spertulo pri Shakespeare, Proust aŭ Dante oni devas manaĝi, almanŭ lege, multajn pli lingvojn. Kun la grava konsekvenco, ke orientalisto eble bezonas trioblon da tempo por publiki, sed poste la enhavo, diable, havos vere alian grundon, ĉu vi ne samopinias?

Monday, December 04, 2006

Is a language intellectual property of its speakers?

If you believe this question to be silly, read this news. Chile's Mapuche Indians vs. Microsoft, as they didn't authorize Windows translation in their language. Spite of my antipathy in respect of Microsoft, I feel the company is right this time. Who owns a language? Should we copyright even languages? I think no. If they don't want to use Windows in their language, they are free not to do so.

In any case, a very interesting story.