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Annuncio spostamento blog


Ho deciso di muovere la mia pagina web accademica e il mio blog in un posto unico, e ho scelto di fare un blog e il sito con l'hosting gratuito su wordpress. Per favore, aggiornate i vostri feed reader al seguente indirizzo:

feed://feeds.feedburner.com/FedericoGobboBlogo

Se mai cambierò di nuovo, aggiornerò il feed, così voi non vi accorgerete di nulla. Analogamente, mi sono deciso a comprare un dominio che rimarrà anch'esso permanente:

http://federicogobbo.name

Tutto ciò che ho pubblicato sul blog di Blogspot rimarrà intatto perché già riferito nel web, perciò non ha senso toglierlo. Per non perdermi di vista, potete farvi vedere in qualche social network. Quelle a cui partecipo sono tutte listate a questo indirizzo.

Blog Change News


I moved my academic web page and my blog in one place, and they are both hosted (i.e., web page and blog) with the free hosting by wordpress. Please, update your feed readers with the following:

feed://feeds.feedburner.com/FedericoGobboBlogo

If I would ever change again, I will update the feed, so you won't notice. Analogously, I finally decided to buy a domain for me. This will act as a permanent url:

http://federicogobbo.name

Every post I published in the Blogspot blog will remain here as it is already spidered by the web. If you want to be in touch with me, consider to knock me via some social network. Mine are listed here.

Ŝanĝo de blogmotoro


Mi portis mian universitatanan tekstejon kaj mian blogon al ununura ejo, ambaŭ gastigitaj de Vordpreso. Bonvolu aktualigi vian rettralegilon al la sekva treleg-adreso:

feed://feeds.feedburner.com/FedericoGobboBlogo

Se mi volus ŝanĝi denove ejon, mi aktualigos la traleg-adreson, tiel ke, vi eĉ ne notos la ŝanĝon. Simile, mi finfine min decidis aĉeti porĉiaman ttt-adreson por mi:

http://federicogobbo.name

Ĉiu blogaĵo kion mi eldonis per Blogspoto restos tie ĉar jam araneigita ttt-e. Se vi volas resti en kontakto kun mi, frapu al iu socia reto kiun mi partoprenas. La kompletan liston vi trovas tie ĉ.




Monday, January 29, 2007

Marino, che tu possa camminare ancora!


Marino Curnis è un personaggio d'altri tempi, un sognatore, certo, ma con i piedi ben piantati a terra. Che camminano. Sulla via della seta di Marco Polo. Il suo diario di viaggio è meraviglioso. Peccato che rischi di essere fermato per colpa delle burocrazie nazionali. Ha chiesto una mano, e io voglio dargliela, per quello che posso, ospitandolo sul mio blog, cioè qui. Scrive nel suo accorato ma equilibrato appello:
Eurasia Pedibus Calcantibus trova l’ennesimo ostacolo a Tehran. Mi sono qui recato (in autobus dal confine a causa del breve visto iraniano), per ottenere i visti dei 5 paesi successive all’Iran secondo il mio progetto (Turkmenistan, Uzbekistan, Tajikistan, Kirghizistan e Cina). Ma i burocrati di questo pianeta non prevedono una tipologia di viaggio che sia a piedi, ne’ che il singolo si assuma per se stesso la responsabilita’ di ogni rischio. Prevedono solo visite di breve durata subordinate all’uso di rapidi veicoli, con visti di transito (di pochi giorni) o turismo (attorno ai 30 giorni), con concessioni di durata maggiore solo a uomini d’affari (perche’ potere ed economia si danno sempre reciproca assistenza!). [...] Sarei quindi costretto (motivato dal non voler abbassare a questo infimo livello il mio Pianeta ed i miei Sogni), ad interrompere il mio Viaggio. Rispettandone l’essenza, che non e’ soltanto il muoversi a piedi, ma e’ anche un messaggio di Pace. Che invita ad “impossessarsi” a piene mani del proprio tempo e del proprio spazio (questo Pianeta!), contro questa assurda burocrazia, contro questi inutili confini politici che si oppongono ad un mondo di Pace. Che sostiene che il Pianeta Terra e’ di ognuno dei suoi abitanti e deve tornare nelle mani di ognuno, libero di essere vissuto oltre ogni confine. Le differenze culturali (dalla lingua alle tradizioni) devono essere conosciute e rispettate se realmente si desidera una Pace vera. [...] Ma se ai tempi di Marco Polo era sufficiente pagare per ottenere l’ingresso ed al contempo persino la protezione dei potenti della terra, oggi viene richiesto un pedaggio (standardizzato come l’era del consumismo vorrebbe per ogni cosa), ma non e’ offerto alcun servizio dallo stato che riscuote l’obolo.
[...] MA PRIMA DI UN’AMARA RESA, chiedo il vostro aiuto per continuare nella mia piena liberta’.

Scriviamo un'email agli indirizzi da lui indicati chiedendo di dare il miglior supporto possibile a Marino.

Questo è quanto ho scritto io:
Stimate Autorità,

nell'interesse dell'Italia e dell'Iran e come segno concreto e tangibile di buone relazioni tra i rispettivi Paesi e popoli, vi chiedo di intercedere a favore del viaggio internazionale di Marino Curnis, esempio per tutti noi di speranza e amicizia fraterna fra i nostri rispettivi popoli.

Confidando in una vostra azione concreta, vi saluto cordialmente FG

Sunday, January 28, 2007

Perché gli esperantisti dovrebbero ricordare la giornata della memoria



Il giorno dopo la giornata della memoria voglio scrivervi due righe sulla Shoah (non chiamamolo Olocausto! Vi sembra un'offerta a Dio lo sterminio di milioni di persone?) e l'esperanto. È noto che l'esperanto, in quanto lingua inventata da un ebreo, fu perseguitato dai nazisti al pari degli ebrei, dei rom e dei testimoni di Geova. Il nazismo considerava l'esperantismo una sua nemesi ideologica, come scritto nel dettagliato documento interno scritto dal
Reichsicherheitshauptamt nel 1940. In realtà, si poteva sapere che le cose si mettevamo male per l'esperanto già da prima. Scriveva Hitler nel famigerato Mein Kampf (pubblicato nel 1925):

Su questa prima e massima menzogna, che gli ebrei non sono una razza ma una religione, si basano molte altre menzogne come conseguenze necessarie. Tra queste c’è
quella riguardante la lingua degli ebrei. Per l'ebreo questa non è un mezzo per esprimere il pensiero, ma per nasconderlo. Quando parla francese, pensa in ebraico, e mentre proclama versi in tedesco, nella sua vita esprime solamente la natura della sua nazionalità. Finché l’ebreo
non è diventato il dominatore degli altri popoli, deve parlare le loro lingue, che gli piaccia o no, ma appena questi sono diventati suoi schiavi, dovranno imparare una lingua universale (l'esperanto, per esempio!) cosicché con questo strumento aggiuntivo gli ebrei potranno dominarli con maggior facilità!


Quello che la maggior parte del pubblico italiano non sa è cosa successe esattamente quando i nazisti occuparono Varsavia. Dall’intervista alla moglie dell’ing. Ludwig Zamenhof, nipote di Ludwik Lejzer Zamenhof, al giornale yiddish newyorkese Forverts (4.111.1960, traduzione mia
dalla versione in esperanto di N. Z. Maimon):

Il dott. Adam Zamenhof [il primogenito] fu il primo ebreo arrestato dai nazisti quando entrarono in Varsavia nell'ottobre 1939. Tutti i tentativi di liberarlo furono vani,
e nel gennaio 1940 fu giustiziato con un colpo di fucile. Fino al regime hitleriano i tedeschi erano i più diligenti esperantisti del mondo. Tuttavia per i nazisti l’esperanto era il simbolo dell’Internazionale Giudaica e il nome 'Zamenhof' era il primo della lista degli intellettuali ebrei, sui quali la Gestapo stese la sua mano insanguinata. L’ufficiale nazista che venne nella casa del dott. Adam Zamenhof per arrestarlo cominciò a parlare con la sua vittima nella maniera più cortese possibile, in un esperanto fluente, ma alla fine si mostrò dicendo il suo ordine d'arresto in tedesco.


Oltre ad Adam, furono uccisi Ida Zamenhof, la sorella di Ludwik Lejzer e la figlia Sofia. Potete controllare visitando il web Yad Vashem, clicando sulla vostra lingua preferita (inglese, russo o ebraico), poi premete su "Shoah Victims" (presumo scegliate l'inglese) e cercate "Zamenhof".

Per approfondire. Sulla persecuzione della "lingua pericolosa" si veda il dettagliato libro di Ulrich Lins La lingua pericolosa del 1990. Sul rapporto tra il primo esperantismo e l'ebraismo, consiglio vivamente la lettura di questo breve saggio dell'amico Carlo Minnaja Ebraismo ed esperanto nell'Europa dell'Est, liberamente scaricabile.

Thursday, January 25, 2007

Merluzzo agli agrumi

Tempo: 1 ora circa.

Ingredienti

3 filetti di merluzzo già puliti
1 arancia
1 limone
2 cipolle bianche
qualche foglia d'alloro
rosmarino fresco
patate
semi di girasole
semi di curcuma
alghe marine dulse in fiocchi

Preriscaldate il forno a 200 gradi. Preparate un letto di cipolle con un filo d'olio e cospargetelo di rosmarino, di curcuma e di semi di girasole. Adagiate i filetti sopra l'alloro. Spolverateli con le alghe. Spruzzate un pizzico di sale ovunque e circondate i filetti di foglie di patata adagiate sulle cipolle. Tagliate a fette l'arancia come fosse un salame, a fette grosse, e lo stesso per il limone, senza sbucciarli. Coprite i filetti con le fette degli agrumi, in egual misura arancia e limone su ciascun filetto. Infornate, aspettate mezz'ora circa, poi servite.

Tuesday, January 16, 2007

SMS gratis dal tuo computer, ovunque


La società americana Callwave offre un servizio gratuito di spedizione sms gratis senza pubblicità -- solo il rimando alla loro pagina web, e mi sembra il minimo!

Per gli utenti Apple c'è un comodo widget e ci sono anche altri widget. Ho instalalto il Google gadget, è carino.

Grazie a Max per la segnalazione!

Friday, January 12, 2007

Contaminazione non implica per forza prestito


Su Cafebabel si parla di anglicismi. Un altro caso di ignoranza linguistica su una peraltro buona testata giornalistica web.

Il succo dell'articolo dice: l'inglese è contaminato di tedesco e francese almeno quanto contamina queste e altre lingue, quindi è più facile per gli inglesi imparare le altre lingue e viceversa per gli altri imparare l'inglese. Questo processo di contaminazionescambioevoluzione è inarrestabile, tanto vale lasciar perdere ogni pretesa puristica perché velleitaria.

I dati sono giusti, l'analisi è sbagliata. Intanto, l'entrata di parole tedesche e francesi nell'inglese è databile in periodi storici ben precisi, entrambi passati da un bel pezzo, dove il tedesco e il francese rispettivamente erano lingua tetto, Dachsprache, dell'inglese. In parole molto semplici, erano le lingue dei forti, e gli inglesi cercavano di adattarsi. Oggi avviene esattamente il contrario: tutte le lingue pagano un tributo all'inglese, prendono a prestito termini inglesi perché si vergognano di forgiare coni che rispettino il senso invece della forma. Infatti il paradosso è proprio quello denunciato dal giornalista: si creano una caterva di falsi amici o meglio falsi parenti, dove la forma della parola è simile ma il significato (che è l'uso è assai diverso). È questo il motivo principale per cui l'europanto di Marani è e rimane solo un ludus linguisticus, un divertissement, un gioco, non una lingua vera e propria.


Questa contaminazione attraverso prestiti affatica l'apprendimento invece di semplificarlo. Pensate per esempio alla parola italiana file. È chiaramente un termine del dominio di conoscenza informatico. In inglese invece è molto più vasto: I may file my content in a file of documents, posso archiviare contenuti in un faldone di documenti, per esempio.

Cosa succede nella mente?

Quando un apprendente italiano cerca una parola inglese corrispondente a "faldone" difficilmente va a pensare a "file" perché nella sua griglia semantica è connotato come termine esclusivamente informatico. Deve dunque etichettare

it(file) not(en(file))

cioè "la parola file italiana non è la parola file inglese, è una parola italiana travestita da inglese". Un riflesso condizionato in più da imparare. Devo decolonizzare la mente: togliere la maschera inglese alla brutta parola italiana "file" perché di italiano e non di inglese si tratta, per poi finalmente apprendere la parola veramente inglese.

È vero che le contaminazioni sono inevitabili; non è vero che per forza debbano essere brutti prestiti. È sempre possibile fare un conio, una parola morfologicamente fluida nella lingua che prende a prestito il significato della lingua tetto, in questo periodo storico l'inglese.

Avremmo potuto dire "elettera" anziché "email", mantenere "elaboratore" o "calcolatore" anziché "computer", "archivio" anziché "file".

Certo, se poi i parlanti nativi si mettono a ridere, come facciamo spesso noi italiani, la partita vuol dire che è già persa.

Digressione: i nostri cugini spagnoli non ridono nel dire "ratón" anziché "mouse", e difatti lo spagnolo è molto più sano dell'italiano, al punto tale che lo stato Usa dell'Arizona ha dichiato ufficialmente l'inglese lingua ufficiale perché hanno paura dello spagnolo, che è sempre più lingua materna degli americani dell'Arizona: alla faccia delle palle che ci raccontano sull'integrazione che vuol dire quasi sempre assimilizzazione al più forte! Fine digressione.

La verità è che noi stiamo uccidendo la nostra lingua. E, in fin dei conti, la nostra identità nazionale.

Wednesday, January 10, 2007

Perché Creative Commons?


Un amico mi scrive quanto segue, e qui gli rispondo:
Ho una domanda facile: perché Creative Commons?

Case history: una scrittrice, intellettuale prolifica, sceglie di pubblicare on line
le sue opere e di riprodurre gli articoli già stampati sulle pagine nazionali. Tutto in formato testuale, se non addirittura nel formato tipografico e impaginato dell'editore. Dietro mio consiglio, of course....

A questo punto chiunque può prelevare, copiare, riprodurre, riutilizzare i materiali. Oltre a leggerli, naturalmente.

Ma a questo punto, un eventuale uso illecito è peseguibile a norma di legge. In Italia come all'estero. Perché, allora, scegliere di presentare accanto ai testi le specifiche Creative Commons?

Per dare forza ad un movimento, anche intellettuale, sulla diffusione del diritto d'autore? Per un certo snobismo tecnologico? A livello legale CC non fa altro che riportare la disciplina nazionale dei vari stati e, sebbene già questo sarebbe meritorio, non aggiunge nulla né fornisce servizi legali: in tal senso, nulla vieta il plagio o tiene lontani da un'aula di tribunale nello sventurato caso.

Domande interessanti, che meritano una risposta. Creative Commons nasce perche' l'attuale legge del copyright ti impedisce de jure anche solo di fare un clic e scaricare il libro o l'articolo. Già visualizzato sul browser significa copiato in locale, e quindi implica una violazione, a norma di legge. Sei già perseguibile. Nell'era della fotocopia si aggiungeva la digitura "fotocopia permessa esclusivamente per uso personale" (ancor
oggi c'è in quasi tutti gli spartiti musicali per esempio nelle edizioni Ricordi). Ma nell'era del web il concetto di fotocopia diventa di piu' difficile definizione e non era chiaro, prima di CC, che dicitura mettere perlomeno per pubblicare su web. CC questo problema.

Ma c'è di più. Certo, c'e' un aspetto politico, ovviamente, è inutile negarlo, dietro il movimento, e forse è anche snob, come tutto ciò che sa di accademico per il 99% del resto del mondo (quindi io sono tout court snob senza scampo, e allora tanto vale ignorare il fatto).

Più interessante invece il fatto che puoi controllare nel dettaglio che diritti ti riservi e quali rilasci. Non è un caso la dicitura "Alcuni diritti riservati". La parola chiave qui è riutilizzo. Questo non è automatico in tutte le licenze (cc).

Per esempio puoi riservarti il diritto di fare un profitto. Se qualcuno ci guadagna con la tua opera e tu non hai rilasciato questo permesso, deve prima chiedertelo il permesso anche se l'opera l'hai pubblicata sul web. Se non lo fa ha violato la legge, e se gli fai causa vinci tu sicuramente.

Diciamo che la (cc) rende chiara quando stai violando la legge e quando no. Con la grande (C) sei invece sicuro che la violi sempre e comunque appena fai un singolo clic, la legge. Ovunque. Un caro saluto, Federico

P.S.
Addendum: esiste un servizio del Politecnico di Torino di consulenza su Creative Commons, denominato SeLiLi. Magari può tornare utile.