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Su Cafebabel si parla di anglicismi. Un altro caso di ignoranza linguistica su una peraltro buona testata giornalistica web.
Il succo dell'articolo dice: l'inglese è contaminato di tedesco e francese almeno quanto contamina queste e altre lingue, quindi è più facile per gli inglesi imparare le altre lingue e viceversa per gli altri imparare l'inglese. Questo processo di contaminazionescambioevoluzione è inarrestabile, tanto vale lasciar perdere ogni pretesa puristica perché velleitaria.
I dati sono giusti, l'analisi è sbagliata. Intanto, l'entrata di parole tedesche e francesi nell'inglese è databile in periodi storici ben precisi, entrambi passati da un bel pezzo, dove il tedesco e il francese rispettivamente erano lingua tetto, Dachsprache, dell'inglese. In parole molto semplici, erano le lingue dei forti, e gli inglesi cercavano di adattarsi. Oggi avviene esattamente il contrario: tutte le lingue pagano un tributo all'inglese, prendono a prestito termini inglesi perché si vergognano di forgiare coni che rispettino il senso invece della forma. Infatti il paradosso è proprio quello denunciato dal giornalista: si creano una caterva di falsi amici o meglio falsi parenti, dove la forma della parola è simile ma il significato (che è l'uso è assai diverso). È questo il motivo principale per cui l'europanto di Marani è e rimane solo un ludus linguisticus, un divertissement, un gioco, non una lingua vera e propria.
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Questa contaminazione attraverso prestiti affatica l'apprendimento invece di semplificarlo. Pensate per esempio alla parola italiana file. È chiaramente un termine del dominio di conoscenza informatico. In inglese invece è molto più vasto: I may file my content in a file of documents, posso archiviare contenuti in un faldone di documenti, per esempio.
Cosa succede nella mente?
Quando un apprendente italiano cerca una parola inglese corrispondente a "faldone" difficilmente va a pensare a "file" perché nella sua griglia semantica è connotato come termine esclusivamente informatico. Deve dunque etichettare
it(file) not(en(file))
cioè "la parola file italiana non è la parola file inglese, è una parola italiana travestita da inglese". Un riflesso condizionato in più da imparare. Devo decolonizzare la mente: togliere la maschera inglese alla brutta parola italiana "file" perché di italiano e non di inglese si tratta, per poi finalmente apprendere la parola veramente inglese.
È vero che le contaminazioni sono inevitabili; non è vero che per forza debbano essere brutti prestiti. È sempre possibile fare un conio, una parola morfologicamente fluida nella lingua che prende a prestito il significato della lingua tetto, in questo periodo storico l'inglese.
Avremmo potuto dire "elettera" anziché "email", mantenere "elaboratore" o "calcolatore" anziché "computer", "archivio" anziché "file".
Certo, se poi i parlanti nativi si mettono a ridere, come facciamo spesso noi italiani, la partita vuol dire che è già persa.
Digressione: i nostri cugini spagnoli non ridono nel dire "ratón" anziché "mouse", e difatti lo spagnolo è molto più sano dell'italiano, al punto tale che lo stato Usa dell'Arizona ha dichiato ufficialmente l'inglese lingua ufficiale perché hanno paura dello spagnolo, che è sempre più lingua materna degli americani dell'Arizona: alla faccia delle palle che ci raccontano sull'integrazione che vuol dire quasi sempre assimilizzazione al più forte! Fine digressione.
La verità è che noi stiamo uccidendo la nostra lingua. E, in fin dei conti, la nostra identità nazionale.
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